SIAPInform@24_Legislazione
Il comportamento non conforme al decoro delle funzioni di un appartenente alla Polizia di Stato al di fuori dell’orario di servizio, si ricollega a quelle condotte che pregiudicano l’affidabilità e l’immagine interna ed esterna dell’istituzione che si rappresenta. Un’immagine che costituisce un elemento sostanziale capace di influenzare la fiducia della collettività nella nostra istituzione e nella percezione della sua integrità. (...)
...
Il “decoro” per un appartenente alla Polizia di Stato è un principio fondamentale che riguarda sia l’aspetto esteriore, con la cura della persona e il mantenimento di un aspetto sobrio e dignitoso in tutti i contesti, sia le condotte professionali e personali che ne determinano il valore e l’apprezzamento sociale. Evitare giudizi negativi che possono compromettere il prestigio e il decoro dell’Amministrazione e rafforzare gli elementi di fiducia rispetto e stima della collettività risulta fondamentale per l’efficace esercizio delle funzioni di polizia e per la dignità dell’istituzione.
Il caso sottoposto al giudizio del TAR Marche, riferito ad un agente che partecipa ad un’attività sportiva durante un periodo di malattia, chiarisce la corte, può facilmente essere interpretato come segno di lassismo o disimpegno, danneggiando così la percezione stessa della Polizia come istituzione seria e responsabile.
E’ importante però, sottolineare come, proprio la fluidità del concetto di “decoro” che si rispecchia in comportamenti irreprensibili, rispettosi delle regole, responsabili e consapevoli della propria dignità e dei propri obblighi, e la genericità della formula normativa prevista dall’articolo 4 del Regolamento di disciplina (DPR 737/81) nella parte in cui prevede al comma 2 n. 18 la punizione di qualsiasi altro comportamento, anche fuori dal servizio, non espressamente preveduto nelle precedenti ipotesi, comunque non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza, imponga una particolare valorizzazione delle motivazioni dei provvedimenti sanzionatori che richiamano questa violazione.
Tali motivazioni, infatti, devono garantire la massima trasparenza e rifarsi a ricostruzioni circostanziate dei fatti oggetto di valutazione e alla loro capacità di ledere il decoro delle funzioni esercitate, scongiurando il dubbio circa decisioni arbitrarie del titolare della potestà disciplinare.
A tal proposito la giurisprudenza del Consiglio di Stato, proprio in merito all’ipotesi di condotta contemplata dall'art. 4, n. 18), del d.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, ha avuto modo di affermare che «…la lata formula normativa rende strettamente cogente l'obbligo della motivazione del provvedimento sanzionatorio fondato sulla detta infrazione, sotto il profilo che deve essere ben messo in evidenza non soltanto il comportamento in concreto tenuto dall'agente, ma anche il disvalore riguardo al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli della Amministrazione della sicurezza…» (Cons. Stato, Sez. VI, 29 dicembre 2010, n. 9547).
Il concetto di decoro, come valore da tutelare e rispettare anche fuori dall’orario di servizio, lo troviamo menzionato all’articolo 13 (Norme generali di condotta) del Regolamento di servizio (D.P.R. 28 ottobre 1985, n. 782) che recita testualmente. Il personale della Polizia di Stato deve avere in servizio un comportamento improntato alla massima correttezza, imparzialità e cortesia e deve mantenere una condotta irreprensibile, operando con senso di responsabilità, nella piena coscienza delle finalità e delle conseguenze delle proprie azioni in modo da riscuotere la stima, la fiducia ed il rispetto della collettività, la cui collaborazione deve ritenersi essenziale per un migliore esercizio dei compiti istituzionali, e deve astenersi da comportamenti o atteggiamenti che arrecano pregiudizio al decoro dell'Amministrazione. Il personale anche fuori servizio deve mantenere condotta conforme alla dignità delle proprie funzioni.
Anche la Costituzione, all’articolo 54, richiamando, tra i doveri del cittadino a cui sono affidate funzioni pubbliche, il dovere di adempierle con disciplina e onore, richiama l’importanza delle qualità morali e della dignità personale che costituiscono il presupposto per la stima e il rispetto degli altri.
La Sentenza del TAR per le Marche del 15/10/2025 numero N. 00786/2025 ci offre la possibilità di riflettere su alcuni comportamenti che assumono rilievo disciplinare proprio perché considerati inappropriati e potenzialmente dannosi per l’immagine della Polizia di Stato
Il Tribunale si esprime sul ricorso presentato da un assistente della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Ancona, che aveva impugnato il decreto del Capo della Polizia, con cui era stato rigettato il ricorso gerarchico proposto avverso la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 1/30 di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativa, inflittagli dal Questore di Ancona in data 3 aprile 2012.
Il Questore aveva inflitto al dipendente una sanzione disciplinare con la seguente motivazione: “…il dipendente teneva un comportamento non conforme al decoro delle funzioni di un appartenente alla Polizia di Stato, disputando il giorni 16/12/2011 un incontro di calcio a 5 del campionato C2 regionale, durante il periodo di assenza dal servizio per malattia, eludendo, inoltre, le necessarie verifiche da parte dell’Ufficio Sanitario Provinciale della Polizia di Stato”.
Il ricorrente si opponeva ritenendo che (a) l’iter procedimentale seguito dalla Questura fosse viziato in ragione dell’assenza di qualsiasi attività di accertamento in ordine ai fatti contestati al dipendente, (b) la mancata corrispondenza tra contestato e sanzionato e, per ultimo, (c) passando al merito di quanto accaduto, adducendo che il comportamento non potesse essere censurabile perché la lesione riportata alla mano non pregiudicava la possibilità di partecipare ad un incontro di calcio a 5 durante il periodo di convalescenza che oltretutto, non aveva compromesso il suo rientro in servizio e che non aveva violato gli obblighi di reperibilità perché la lesione era occorsa in servizio.
Interessante rilevare che il Collegio aveva ritenuto opportuno preliminarmente sottolineare l’inconferenza delle doglianze relative al fatto che la partecipazione all’incontro di calcio non avesse avuto alcuna conseguenza in merito alla durata della convalescenza e alla questione della potenziale violazione degli obblighi di reperibilità, in quanto, nel provvedimento del Questore di Ancona, tali profili non rivestivano un rilievo.
Il Tar si esprimeva quindi, respingendo il ricorso, chiarendo sui primi due punti di natura procedurale che: (in merito al punto (a)) l’iter procedimentale era stato corretto in quanto gli elementi raccolti erano sufficienti ad accertare la condotta disciplinarmente rilevante sia perché era stato lo stesso ricorrente ad avere ammesso la propria partecipazione all’incontro di calcio a 5 del 16 dicembre 2011, sia perché dagli atti emergeva chiaramente che la Questura era venuta a conoscenza della circostanza visitando un sito internet; (in merito al punto (b)) sia nella contestazione degli addebiti che nel provvedimento sanzionatorio, risultavano menzionate le condotte incriminate e che comunque, nella propria memoria difensiva il ricorrente aveva preso posizione su tutti gli aspetti sanzionati, e dunque il diritto di difesa era stato esercitato in tutta la sua pienezza.
In relazione al punto (c), per quanto attiene il merito della condotta sanzionata su cui ci soffermiamo, veniva chiarito che il dipendente pubblico assente dal servizio per malattia o infortunio che disputa un incontro di calcio, porta a facili strumentalizzazioni da parte dell’opinione pubblica, che può essere indotta a ritenere che tali comportamenti siano in qualche modo tollerati dall’amministrazione di appartenenza dell’interessato o che, comunque, non vengano effettuati controlli adeguati.
Questo, indubbiamente, rileva la corte, danneggia l’immagine dell’amministrazione, a prescindere dal fatto che nel caso singolo il dipendente fosse stato legittimamente assente dal servizio, o che l’infermità subita gli avesse consentito comunque di svolgere le normali attività quotidiane, e così via, perché questi sono aspetti che non vengono percepiti dai mass media o dall’opinione pubblica.
Il tribunale precisava inoltre, che non si poteva affermare che il dipendente avesse posto condotte “opportunistiche” o addirittura illecite ma più semplicemente che il ricorrente si era comportato con leggerezza, non essendosi premunito di acquisire preventivamente l’assenso informale dei propri superiori gerarchici, ed in particolare del dirigente medico dell’Ufficio Sanitario Provinciale.
Questo, sottolineava il tribunale, costituiva il secondo profilo rilevante e anche un’aggravante, sia perché l’omessa presentazione a visita aveva indotto la Questura a ritenere integrata la violazione degli obblighi di correttezza (specie se si pensa che l’assistente non aveva invece incontrato alcuna difficoltà a disputare l’incontro di calcio), sia soprattutto perché il medico provinciale, in occasione della visita programmata per il giorno 15 dicembre 2011, avrebbe potuto fornire al ricorrente indicazioni in merito alla compatibilità fra le sue condizioni di salute e la partecipazione ad un incontro di calcio a 5 che avrebbe peggiorato la situazione se durante la partita il ricorrente avesse subito un trauma più grave.
La Sentenza evidenzia bene come il rispetto delle regole di condotta e la tutela dell’immagine istituzionale siano elementi fondamentali per la serietà e l’autorevolezza delle forze di polizia e che la correttezza deve caratterizzare il comportamento degli appartenenti alla Polizia di Stato anche fuori dal servizio.
Di seguito la Sentenza in esame nell'allegato file.
= LEGGI E SCARICA L'ALLEGATO =

