SIAPInform@20_Legislazione

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Con circolare del 3 ottobre 2025, la Direzione Centrale per gli affari e le politiche del personale della Polizia di Stato ha fornito alcuni chiarimenti circa il riconoscimento del congedo di paternità obbligatorio ex art. 27 bis del decreto legislativo 26 maro 2001, n. 151, alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 115 del 6 maggio 2025. (...)

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La sentenza ha stabilito che è costituzionalmente illegittimo l’articolo 27-bis del decreto legislativo numero 151 del 2001 nella parte in cui «non riconosce il congedo di paternità obbligatorio anche a una lavoratrice quando è secondo genitore equivalente in una coppia di due donne risultanti genitori nei registri dello stato civile».

La questione era  stata sollevata dalla Corte d’appello di Brescia, sezione lavoro, nel contesto di un procedimento promosso da Rete Lenford, ai sensi degli artt. 2 e 3 del D.lgs. 215/2003 e dell’art. 28 del D.lgs. 150/2011, per accertare una discriminazione ai danni di coppie dello stesso sesso.

La vicenda processuale originaria avevo visto protagonista una  lavoratrice (madre intenzionale)  che  si era vista negare dall’INPS il congedo obbligatorio previsto per il padre lavoratore, in quanto “non padre”, pur figurando nel certificato di nascita come secondo genitore  e si era vista accogliere il ricorso dal giudice di primo grado che aveva ordinato  all’INPS di modificare il sistema informatico per consentire l’inserimento dei codici fiscali dei genitori a prescindere dal genere, con condanna al pagamento di una somma per ogni giorno di ritardo.

La questione però, visto che la lavoratrice lamentava  che la sentenza non avesse affermato chiaramente il diritto delle coppie omogenitoriali a fruire dei congedi al pari delle coppie eterosessuali, era stata rimessa  alla Corte Costituzionale.

La Corte, quindi, decideva sulla vicenda, stabilendo che la responsabilità genitoriale e i diritti connessi, quali il congedo obbligatorio, devono essere riconosciuti anche alla madre intenzionale, cioè colei che, pur non essendo madre biologica, ha assunto e condiviso un progetto di cura del minore attraverso tecniche di procreazione medicalmente assistita praticate all'estero. La decisione si fonda sul principio di non discriminazione in base all'orientamento sessuale e sulla tutela dell'interesse del minore a mantenere un rapporto con entrambi i genitori.

La sentenza impone all'INPS e ai datori di lavoro di riconoscere il diritto al congedo di paternità obbligatorio anche alla seconda madre nelle coppie di donne, previa autocertificazione e qualora il legame genitoriale risulti dallo stato civile. Questo rappresenta un significativo passo verso tutele più inclusive e coerenti con il diritto europeo in materia di diritti familiari e bilanciamento vita-lavoro.

La Corte, in pratica,  aveva ritenuto discriminatoria la disposizione dell’articolo  27-bis  che riconosce solo al padre lavoratore, dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi e, per tutto il periodo del congedo, un’indennità giornaliera pari al cento per cento della retribuzione, nella finalità di realizzare una più equa ripartizione della responsabilità genitoriale e di instaurare un precoce legame tra padre e figlio, escludendo quindi, dal benefico la “seconda madre”, nel caso di genitori sia formata da due donne riconosciute entrambe, perché iscritte nei registri dello stato civile, come madri dallo Stato italiano

L’articolo 27 bis stabilisce inoltre,  che il beneficio  può essere fruito negli stessi giorni in cui la madre sta godendo del congedo di maternità ed è compatibile con la fruizione da parte del padre del congedo di paternità alternativo di cui all’art. 28 del d.lgs. n. 151 del 2001 (in caso di morte o grave infermità della madre o di abbandono del minore da parte della madre oppure in caso di affidamento esclusivo del minore al padre) e, in caso di sovrapposizione dei periodi, quello obbligatorio deve essere goduto in un tempo successivo, prevalendo la fruizione del congedo di paternità alternativo. La norma prevede che il diritto a godere dei giorni di congedo di paternità obbligatorio spetti anche ai genitori adottivi o affidatari.

La sentenza della Corte ha dichiarato quindi, manifestamente irragionevole la disparità di trattamento tra coppie genitoriali eterosessuali e coppie composte da due donne che siano genitori di un minore tramite procreazione medicalmente assistita effettuata all'estero secondo la legge del luogo (lex loci).

La Corte ha sottolineato che entrambe le coppie, condividendo un progetto di genitorialità, assumono ugualmente la titolarità giuridica dei doveri relativi al benessere del minore, doveri che il diritto lega inscindibilmente all'esercizio della responsabilità genitoriale. Inoltre, ha precisato che l’orientamento sessuale non determina di per sé l’idoneità a esercitare tale responsabilità.

Risponde all’interesse assoluto e preminente del minore, che ha carattere di centralità nell’ordinamento nazionale e sovranazionale, vedersi riconoscere lo stato di figlio della madre biologica, che lo ha partorito, e di quella intenzionale, che abbiano condiviso l’impegno di cura nei suoi confronti.

Il diritto del minore a mantenere un rapporto con entrambi i genitori è riconosciuto a livello di legislazione ordinaria (articoli 315-bis e 337-ter del codice civile) nonché da una serie di strumenti internazionali e dell’Unione europea, non solo per ciò che attiene ai bisogni più propriamente fisiologici, ma anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo che sono collegate allo sviluppo della sua personalità.

Viene in rilievo, con riguardo alla provvidenza in questione, osserva la Corte, l’esigenza di dedicare un tempo adeguato alla cura del minore, anche attraverso la modulazione di quello da destinare al lavoro, in coerenza con la finalità di favorire l’esercizio dei doveri genitoriali secondo una migliore organizzazione delle esigenze familiari, in un processo di progressiva valorizzazione dell’aspetto funzionale della genitorialità, che resta identico nelle due diverse formazioni, la coppia omosessuale e quella eterosessuale.

All’interno di una coppia entrambi i genitori sono chiamati a provvedere al benessere fisico, psicologico ed educativo di un bambino, perché, come si è visto, il vincolo genitoriale origina proprio dall’assunzione di responsabilità in coerenza con l’essenza stessa del rapporto genitori-figli.

In questo assetto relazionale è quindi manifestamente irragionevole la scelta del legislatore di non riconoscere il congedo obbligatorio, previsto a favore del padre in una coppia di genitori-lavoratori di sesso diverso, alla madre intenzionale di una coppia omoaffettiva composta da due donne.

Nei termini della questione posta, che muove dal riconoscimento di compiti differenziati delle due figure della madre e del padre in un sistema assistenziale obbligatorio strutturato sulla infungibilità dei ruoli, è ben possibile identificare nelle coppie omogenitoriali femminili una figura equiparabile a quella paterna all’interno delle coppie eterosessuali, distinguendo tra la madre biologica (colei che ha partorito) e la madre intenzionale, la quale ha condiviso l’impegno di cura e responsabilità nei confronti del nuovo nato, e vi partecipa attivamente.

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