Il Manifesto Sindacale del SIAP- Il Valore del Pluralismo  per la Rappresentanza dei Poliziotti

Il Manifesto Sindacale del SIAP- Il Valore del Pluralismo per la Rappresentanza dei Poliziotti

Cari colleghi e colleghe, di ogni qualifica ruolo e livelli di responsabilità, il Sindacato Italiano Appartenenti Polizia, a seguito del confronto in sede di riunione della Segreteria Nazionale del 17 settembre us, intende rammentare e chiarire: il Siap a partire dalla sua fondazione è un punto di riferimento imprescindibile per le lavoratrici e i lavoratori della Polizia di Stato, perché crede nella missione della rappresentanza (...)

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 e nella funzione dei corpi intermedi nella società e nelle dinamiche politiche e istituzionali. Valorizza con i fatti il pluralismo delle idee e le posizioni critiche interne, anche quando maturate attraverso percorsi sindacali di esperienze diverse nei territori o nelle segreterie nazionali, le considera necessarie per il dibattito e le scelte che il Sindacato dovrà compiere nel prossimo futuro. Infatti, nel corso del tempo abbiamo fatto tesoro e ci siamo arricchiti, delle esperienze fatte dai colleghi in altre OO.SS. - tutti espressione culturale, sociale e politica del movimento democratico dei poliziotti nello spirito originario della riforma, avendo spostato la visione e il progetto dal respiro democratico e plurale del sindacato dei poliziotti e poliziotte di base.

Oggi, il movimento sindacale del comparto sicurezza - difesa è caratterizzato dalla frammentazione e dalle divisioni, che ahimè, non hanno carattere sindacale, sociale o politico ma corporativo per piccoli interessi di nicchia, una logica avulsa dal contesto generale del Paese che indebolisce le rivendicazioni di tutta la categoria. Allo stesso tempo, il sindacalismo in uniforme, si è arricchito dell’esperienze associative del personale militare, anche se sul piano organizzativo attraversa ancora le naturali criticità della prima fase. Ciò sinteticamente premesso, al fine   di riaffermare con chiarezza la nostra identità, specie in una fase di confusione e caos, ove abili regie lavorano per dissolvere i confini delle diverse esperienze e dell’originalità delle nostre innovative proposte, con il fine di accomunare tutti nello stesso calderone. Ma la realtà e molto diversa e il Siap non si farà omologare a sindacati informi o in crisi identitaria, perché ci crede, lavora e dedito esclusivamente a curare la propria rappresentanza per meglio tutelare i colleghi, quindi non siamo assimilabili ai replicanti.

Siamo un sindacato libero, plurale e apartitico, radicato nei valori del cristianesimo democratico, che si ispira alla tradizione culturale confederale, un modello organizzativo attraverso il quale valorizzare l’unità del mondo dei lavori, ma lottiamo per il riconoscimento della specificità professionale e dei rischi connessi alla funzione e ruolo di poliziotti nella società. Il Siap agisce per trasformare i principi fondanti per cui nacque in prassi concreta, traducendo le rivendicazioni rappresentate nei tavoli negoziali, in strumenti per la fruibilità dei diritti e dei riconoscimenti economici del personale. Il pluralismo per la nostra organizzazione non è una parola vuota: è la condizione su cui fonda la nostra comunità e il dibattito interno, alimentato appunto dalla pluralità delle voci, delle idee e delle posizioni, affinché il lavoro in uniforme venga definitivamente emancipato sul piano sociale e politico come lavoro per il Paese e al servizio dei cittadini e del Paese, non una eccezione separata da esso. Per questo il Siap crede nella fruibilità del rapporto osmotico con il mondo confederale, possibilità negata alle lavoratrici e ai lavoratori della Polizia di Stato, per i limiti imposti dalla legge di riforma 121/81. Ragione per cui siamo impegnati, affinché il dialogo con le istituzioni, i partititi, il mondo del lavoro e delle imprese produca effetti concreti alle condizioni date e non resti mera retorica.

In democrazia, l’invocata Sicurezza Pubblica al servizio dei cittadini e del sistema paese, sarà  tale sul piano sostanziale solo quando i suoi operatori saranno riconosciuti, come parte integrante e ineludibile del mondo del lavoro e di una società che coralmente ne sostiene il ruolo, la funzione, il rischio e il sacrificio. I poliziotti e i Questori garanti dell’ordine pubblico non sono soggetti neutri ma operatori e dirigenti dello Stato che svolgono una delicata funzione, definita e disciplinata dalla legge, che va tutelata con norme, strumenti e tutele adeguate. Quando un poliziotto o un carabiniere indossano il casco e lo scudo, non proteggono solo la propria incolumità personale, quel gesto è anche o soprattutto un atto istituzionale, perché casco e scudo non l’indossano solo gli operatori di polizia ma lo Stato, è un forte messaggio simbolico e politico che pone in evidenza la prerogativa della forza dello Stato, che va gestita con saggezza, equilibrio e responsabilità. Per questo è necessario intervenire con una normativa ad hoc sulla sicurezza degli operatori delle Forze di Polizia, i cui operatori e sindacati sono tenuti caldamente ai margini del confronto con politica e amministrazione, sulla delicata materia della sicurezza nei luoghi di lavoro, non tenendo in debito conto la specificità e unicità delle funzioni e dei rischi, ossia la combinazione tra pericolosità concreta del servizio e valore istituzionale delle prestazioni richieste ai poliziotti e alle poliziotte.

La specificità non è un vessillo da far sventolare in ogni stagione, bisogna tradurla in fatti con la legge, con la puntualità nei rinnovi dei contratti e organizzazione del lavoro, con misure che proteggano la salute, valorizzando il merito e l’anzianità nei diversi percorsi di carriera, e sanando la questione previdenziale dei giovani poliziotti e quelli di media età. Il tema retributivo e previdenziale è centrale: materie in cui il ruolo del sindacato è insostituibile, perché la contrattazione non è soltanto lo strumento con cui si difende il potere d’acquisto dello stipendio, ma una leva attraverso cui si costruisce il futuro della categoria. Aumentare il livello di reddito, non serve solo a garantire uno stipendio sufficiente per una vita decorosa e arrivare a fine mese, ma significa anche poter incidere direttamente su alcune variabili della futura pensione dei poliziotti, soprattutto i più giovani in età e servizio. La qualità e la struttura delle voci che compongono la busta paga sono decisive, qualificare le voci che incidono sulla previdenza significa proiettare nel futuro le conquiste e le scente sindacali che ognuno compie nel presente. La prospettiva pensionistica dei lavoratori è stata segnata dall’introduzione del sistema contributivo (legge Dini, decorrenza 1° gennaio 1996) e richiede azioni specifiche per garantire una pensione dignitosa per chi serve lo Stato in costante condizione di pericolo. Per questo è fondamentale ottenere e fare in modo che si concretizzi il percorso della cosiddetta previdenza dedicata al comparto sicurezza. La specificità del lavoro di poliziotti e riconosciuta per legge, non può essere appiattita o considerata alla stregua di altre attività, essa richiede misure per strumenti contrattuali e previdenziali adeguati che il Siap persegue con caparbia determinazione.

Ma il pluralismo non è solo un valore in seno all’organizzazione sindacale e al mondo sindacale nel suo complesso, oggi si declina attraverso una rilettura culturale richiesta dai tempi che viviamo, specie in tema di sicurezza pubblica e urbana, in particolare dopo le novità introdotte nell’ultimo decennio per qualificare e rafforzare la sicurezza dell’urbe. La sicurezza delle nostre città e delle nostre provincie deve restare competenza esclusiva dello Stato attraverso le Autorità Provinciali e Locali di PS, ma necessita della cooperazione e del concorso di Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria, Polizia Locale e altri qualificati attori istituzionali o sociali. La sicurezza pubblica richiede regole omogenee di coordinamento, per evitare fughe in avanti, sovrapposizioni o politicizzazione di un servizio essenziale, come per esempio il NUE e le criticità emerse. In troppe aree del Paese, abbiamo registrato un indebolimento del sistema per l’eccesso di protagonismo di alcuni corpi di polizia o della politica locale, disperdendo così risorse preziose. Un esempio di come il pluralismo sindacale si traduca in politiche concrete è la nostra battaglia sulle politiche alloggiative: interessarsi delle condizioni abitative delle donne e degli uomini della Polizia di Stato non è soltanto una vertenza per ottenere benefici, ma una strategia per radicare professionalità e presenze sul territorio, specie nelle grandi aree metropolitane. Favorire soluzioni abitative stabili e adeguate significa costruire una presenza integrata delle forze di polizia nelle comunità, valorizzare l’esperienza professionale e migliorare la capacità di intervento del personale di polizia.  Le istituzioni, a partire dal Governo e passando per Regioni, Comuni e Prefetture, devono assumersi questa responsabilità, perché la collocazione residenziale delle forze di polizia è parte integrante di una politica di sicurezza efficace e sostenibile e rientra a pieno titolo fra le vertenze che il Siap porta avanti per la categoria. Non possiamo infine dimenticare il nostro dovere verso le nuove generazioni: i giovani che oggi entrano in Polizia devono comprendere che i diritti di cui godono non sono conquiste inalienabili, ma il fondamento dell’evoluzione democratica di un lavoro che si origina dalla superata cultura autoritaria e corporativa, ottenuti grazie alle lotte del sindacato dei poliziotti. Sostenere la formazione, la tutela previdenziale e la prospettiva di carriera sono investimenti che competono non solo alle proposte e stimolo del sindacato ma all’intero sistema istituzionale. Il Siap è e sarà la casa di chi vuole crescere professionalmente e sindacalmente con dignità, senza mai disperdere il valore morale della legalità prima ancora che della legge e della responsabilità. In ogni fase critica della storia della categoria il Siap è stato presente in prima linea, senza mai cedere a strumentalizzazioni, opponendosi con fermezza all’uso della sicurezza pubblica per fini di propaganda politica: chiediamo a tutte le forze politiche e ai Governi di non commettere l’errore di trasformare chi garantisce la sicurezza del Paese in uno strumento di propaganda, perché questo sarebbe un danno per la democrazia e per la credibilità delle istituzioni. Continueremo ad essere un punto di riferimento stabile per tutti i poliziotti e le poliziotte, un appiglio certo per l’istituzione nei momenti critici, senza mai far venir meno al nostro sentito dovere verso i colleghi che di noi si fidano, o al dialogo con gli attori sociali e i partiti, perché solo attraverso la sintesi del confronto plurale si concretizzano soluzioni condivise  nei processi democratici, la  visione e cultura professionale e sindacale del Siap è attuata e percorsa con dignità, perché vogliamo il riconoscimento della specificità e del nostro ruolo, lavoro e accettazione sociale senza compromessi. Diversamente da chi si pone in maniera servente ai partiti o all’uomo di Governo di turno, cancellando così quella necessaria linea di confine tra sindacato e partiti e creando una indefinita commistione di responsabilità e mancati obiettivi. Il Siap non rinuncerà mai alle proprie responsabilità e invita tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori in uniforme e in divisa a camminare insieme, al fine di contribuire con il nostro lavoro alla crescita di un paese migliore.

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