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Interessante la sentenza n. 3106 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, pubblicata l’11.11.2024, nella quale vengono chiariti i poteri del Capo della Polizia rispetto alle deliberazioni del Consiglio di disciplina nell’ambito delle procedure sanzionatorie di competenza, finalizzate all’irrogazione della Sospensione dal servizio o della Destituzione. (...)

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Nel caso specifico, a seguito di una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Bologna, divenuta definitiva in data 21.6.2023,  per i reati di acceso abusivo a sistema informatico (art. 615 ter cp) e rivelazione di segreto d’ufficio (art. 326 cp),  veniva aperto un procedimento disciplinare a carico dell’interessato che si concludeva con la destituzione dal servizio ai sensi dell’articolo 7 del DPR 737/81 (Regolamento di disciplina).

 La vicenda da cui scaturisce il provvedimento sanzionatorio risulta interessante anche perché, prima che venisse esercitata l’azione penale,  il dipendente era già stato punito con la sanzione disciplinare  della  sospensione dal servizio per mesi sei e, solo a seguito della apertura di un nuovo procedimento disciplinare, al fine di contestare le condotte  emerse  nel processo penale,  era stata  irrogata la sanzione della destituzione.

 Il Tribunale, ritenendo infondato uno dei motivi del ricorso,  aveva chiarito per quali ragioni, nel caso dei due provvedimenti disciplinari, non sussisteva la lamentata violazione del principio del “ ne bis in idem” specificando a tal proposito, che  il ricorrente era  stato sanzionato due volte, non per le medesime condotte, ma per condotte differenti di cui la p.a. aveva avuto contezza, sebbene compiute nel medesimo arco temporale, solo dopo l’irrogazione della prima sanzione e in dipendenza degli sviluppi del processo penale.

 Risultava pertanto rispettato il disposto normativo dell’articolo 11 del Regolamento di disciplina (dpr 737/81 - “quando un appartenente ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza viene sottoposto, per gli stessi fatti, a procedimento disciplinare ed a procedimento penale, il primo deve essere sospeso fino alla definizione del procedimento penale con sentenza già passata in giudicato”) in merito alla trattazione di fatti disciplinarmente rilevanti con rilevanza di carattere penale in quanto:

  • il primo procedimento disciplinare conclusosi con la sospensione dal servizio, relativo ai fatti per cui l’interessato risultava essere stato indagato, si era attivato e concluso  prima dell’esercizio dell’azione penale (prima del rinvio a giudizio)
  • il secondo procedimento disciplinare conclusosi con la destituzione, relativo alle condotte differenti emerse nel corso del processo penale a carico dell’interessato,  si era attivato e definito solo a seguito di condanna definitiva

 Premesso quanto sopra si ritiene opportuno soffermarci sulla parte della sentenza nella quale il Tribunale  si pronuncia sul  ruolo e sui poteri del Capo della Polizia rispetto alle delibere del Consiglio di disciplina, per i quali però, è bene evidenziare i passaggi principali che hanno contraddistinto l’iter procedimentale del secondo procedimento disciplinare, fino all’emanazione del decreto di   destituzione del dipendente:

Þ il funzionario incaricato dell’istruttoria, individuando nell’art. 7, nn. 1, 2, 3 e 4 del d.P.R. n. 737/1981 la fattispecie ritenuta più congrua alla condotta oggetto di valutazione, aveva proposto la sanzione della “destituzione dal servizio”;

Þ il Consiglio provinciale di disciplina (CPD) – al cui giudizio il ricorrente era stato deferito – aveva  ritenuto adeguata alle condotte contestate l’applicazione della sanzione meno grave della sospensione dal servizio per mesi sei;

Þ il Capo della Polizia aveva  annullato in autotutela gli atti del procedimento disciplinare impugnato e, segnatamente, la proposta del Consiglio provinciale di disciplina  di applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per mesi sei;

Þ all’esito della riunione successiva  il CPD, ritenendo di far propri i rilievi del Capo della Polizia, aveva  espresso parere favorevole alla destituzione che veniva irrogata  con decreto del Capo della Polizia.

 Il Tribunale  chiariva che il decreto con cui il Capo della polizia  risultava aver   annullato la proposta del CPD di applicazione della sanzione conservativa della sospensione per sei mesi, per il quale il ricorrente aveva dedotto l’illegittimità in violazione di quanto disposto dall’art. 21 del DPR 737 del 1981, era da considerarsi  legittimo in quanto  la giurisprudenza amministrativa riconosce al capo della polizia il potere di annullare gli atti del procedimento, compresa la proposta del CPD in merito alla sanzione applicabile, quando risultano affetti da illegittimità, onde evitare che il vizio si rifletta sul provvedimento finale sanzionatorio, invalidandolo.

 Seppur dal tenore letterale della norma non sembra che il Capo della Polizia possa avere un qualche controllo sull’operato del Consiglio, salvo  che egli non ritenga di disporre in modo più favorevole all’inquisito (art. 21 del Regolamento di disciplina - DPR 737/1981 -  al terzo comma, stabilisce che Il capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza provvede con decreto motivato a dichiarare l’inquisito prosciolto da ogni addebito o a infliggergli la sanzione in conformità della deliberazione del consiglio, salvo che egli non ritenga di disporre in modo più favorevole all’inquisito)  la giurisprudenza ha più volte chiarito che l’assegnazione a tale Autorità del potere di irrogare sanzioni disciplinari comprende necessariamente un ruolo di controllo delle diverse fasi in cui si articola il procedimento al fine di garantire, i principi di legalità, efficacia, imparzialità e buon andamento  dell’Azione amministrativa.

A tal proposito nella sentenza si chiarisce ancora che la potestà di annullare gli atti al fine di evitare l’invalidazione degli stessi non deve debordare  in arbitrio precisando che: “.. affinché tale potere non debordi in arbitrio, occorre, secondo la stessa giurisprudenza, che la proposta del CPD sia realmente viziata sotto il profilo della violazione di legge, dell’incompetenza o dell’eccesso di potere”.

La sentenza è importante perché in diverse occasioni provvedimenti del Capo della Polizia vengono impugnati davanti alla giustizia amministrativa in quanto ritenuti illegittimi per violazione dell’articolo 21 del DPR 737/1981.

 A cura dell’Ufficio Studi SIAP

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