S.I.A.P. - dal Pluralismo delle Idee la nostra Unità

S.I.A.P. - dal Pluralismo delle Idee la nostra Unità

Roma, 29 Settembre 2011 - Editoriale del Segretario Generale Tiani

 La pluralità delle idee che scaturiscono dalle diverse esperienze, si fonda sull'assunto che la tutela nasce dalla base e per la base, perché è quella la parte più debole del sistema contrattuale e gerarchico di cui facciamo parte.  Poi, naturalmente, la nostra azione di rivendicazione e tutela è protesa a tutta la categoria nessuno escluso. Questa è la nostra vera forza, il cui prodotto è la granitica e spesso invidiata unità interna. La nostra non è una nuova idea di sindacato, ma una diversa cultura dello stare insieme per sostenere un’idea comune, entrambi i fattori sono legati alla rappresentanza degli interessi dei lavoratori di polizia e nel nostro caso degli operatori di polizia, che per noi sono due facce della stessa realtà.
Un agire é un modello sindacale quindi, che non vuole negare la cultura della direzione politica e organizzativa del sindacato, sintetizzata nella sua massima espressione, dalla lunga storia del mondo del lavoro dalle grandi confederazioni rappresentato. Al contempo rifugge dalla degenerazione della sottocultura dirigista, che ha, di fatto, impoverito le relazioni sindacali e sta indirizzando alcuni sindacati di polizia, verso il viale del tramonto segnati da un ineluttabile destino. Ed è per questa ragione che dal nostro punto di vista il processo involutivo deve essere in qualche modo arginato, evitando altresì che il movimento sindacale di ispirazione confederale possa in qualche modo rimanerne contaminato, come già accaduto per gli autonomi, considerato che, Cgil, Cisl, Uil e Ugl oggi hanno i rispettivi riferimenti di categoria. Diversamente si sancirebbe la fine di un’esperienza di crescita culturale e democratica che ha segnato la storia degli apparati di sicurezza, infrangendo le tante speranze che intere generazioni di poliziotti hanno coltivato negli ultimi trent'anni.
La scissione consumatasi in quello che fu per circa vent’anni il sindacato unitario, la conseguente adozione di un diverso modello organizzativo di riferimento per la categoria da parte di Cgil, Cisl e Uil, ha indotto il movimento sindacale dei poliziotti a voltare pagina, mutando così profondamente le proprie strategie.
Gli anni trascorsi e le battaglie sostenute sulle nostre spalle non solo ci hanno permesso di conquistare importanti diritti, di cui oggi poco si parla, ma siamo riusciti a ritagliarci un ruolo sociale e politico di primo piano nel dibattito che attraversa il Paese, e non solo in materia di sicurezza e di ordine pubblico. Il nostro ruolo, le competenze e le nostre funzioni, oggi sono insediate da politiche confuse e di parte, che non tengono in alcuna considerazione gli interessi generali del Paese e i valori di unità nazionale, che, storicamente ed istituzionalmente rappresentiamo come Uomini e Donne dello Stato.
Non possiamo certamente cancellare dalla nostra memoria quando, sino a ieri e prima della riforma che quest’anno ha compiuto trent’anni, venivamo genericamente definiti degli "sbirri", questa era la terminologia diffusa con la quale ci apostrofavano. Un vocabolo che ai giorni d’oggi, personalmente permettetemi questa nostalgica riflessione, non la ritengo un’offesa ma un punto di orgoglio. Da allora, grazie alla tenacia di uomini e donne che hanno sposato la causa sindacale, dalla quale sono sfociate vere e proprie lotte democratiche per il raggiungimento di importanti diritti, siamo riusciti ad affermarci quali attori protagonisti sia nel mondo politico sindacale, che nel variegato e complesso mondo dei media nazionali, tutti spazi conquistati con grande umiltà e sacrificio. Ciò brevemente premesso, non vorremmo che si verifichi quanto già accaduto in passato a tutti i partiti della c.d. seconda Repubblica, (e come accade ancora per alcuni partiti oggi al potere) permeati da logiche dirigistiche e aziendali, che sono state esportate all’interno delle associazioni politiche non per una maggiore efficienza del sistema, il quale è evidente a tutti che non ne ha beneficiato, ma semplicemente per mascherare l’accrescimento di un potere individuale fine a sé stesso, non riuscendo più a interpretare il sentire comune della gente.
Come affermavano i nostri antichi padri latini, ci sono momenti in cui si deve necessariamente assumere una decisione immediata, che può essere sintetizzata nella massima "delegato delegare non potest", ma un attimo dopo occorre mutare atteggiamento.
Ed è per questa ragione che riteniamo imprescindibile la priorità dello stare insieme, attraverso la costante valorizzazione di tutto il gruppo dirigente - al centro come in periferia - ricercando sempre obbiettivi comuni, collante questi dell’intera organizzazione sindacale. I traguardi individuati e condivisi dal leader, che ne diventa interprete, si pongono quale elemento di catalizzazione, ma solo se saprà cogliere l’aspetto aggregante, rigettando il facile esercizio del potere fine a sé stesso, che, certamente, andrebbe a stridere con le finalità complessive dell’organizzazione e degli associati.
Una sorta di rilettura moderna dei processi decisionali che in passato hanno espresso politiche a ricaduta generale di grande respiro, per il bene collettivo, metodo che fu praticato attraverso il c.d. centralismo democratico per alcuni, a maggioranza per altri, ma tutti gli attori che vi partecipavano dovevano poi sostenere la decisione finale, come si usa dire per spirito di servizio e lealtà verso il partito, come è giusto che sia quando si fa parte di un’associazione politica o sindacale. Il metodo è valido se si tiene conto di tutti e si faccia appunto la sintesi delle diverse sensibilità culturali di ognuno, rispettando le diverse sfumature ideali con cui si decide di affrontare i comuni problemi, rispettando la rappresentanza interna e le qualità delle persone. Unanimità di posizione non e' unanimismo, considerato che l'obiettivo, si presume sia comune, diversa può essere la modalità e la visione sui percorsi da intraprendere, che scaturiscono attraverso il confronto supportato dal contributo delle idee.
Il S.I.A.P. è già da molti anni un “Cantiere” aperto, un laboratorio di idee e proposte alternative, anche sul terreno dei modelli aggregativi e della rappresentanza interna che intende valorizzare le diverse professionalità, necessarie per arricchire e valorizzare la specificità del nostro lavoro, che non può e non deve essere svincolata dall'unicità dei diversi impieghi dei poliziotti. I vecchi modelli aggregativi non reggono più, hanno mostrato crepe evidenti, non solo segni del tempo e i propri limiti, e questa non è una mera valutazione, ma una constatazione storica dei fatti. Se si esaminassero i decreti della certificazione ufficiale delle tessere annuali, se ne avrebbe subito contezza: il dato reale porta alle nostre considerazioni. Per non parlare poi delle molteplici scissioni che hanno prodotto la polverizzazione della rappresentanza sindacale, una miriade di sigle e di aggregazioni varie.
Mentre accadeva tutto ciò il S.I.A.P. si confrontava con la base mettendo in campo le giuste strategie per la loro tutela, intessendo relazioni e alleanze, per sostenere al meglio le esigenze del territorio e della categoria nei tavoli negoziali, crescendo in silenzio, con un ampliamento di consensi derivato dalla riconoscenza dei colleghi che, premiando le nostre scelte, spesso difficili ma lontane dal palazzo, ci hanno consentito di raggiungere una rappresentanza pari a 11.000 iscritti certificati nel 2010 senza contare le diverse centinai di dirigenti che notoriamente non sono certificabili. Nonostante le calunnie e gli “agguati” di basso profilo etico e fuori da ogni regola.
Oggi il cantiere del S.I.A.P. si accinge a rimuovere gli inutili steccati e allarga i suoi orizzonti, con l'adesione formale ad un progetto di realizzazione e fortificazione di un terzo e qualificato polo sindacale unitario e pluralista, non solo sul piano della quantificazione numerica, sarebbe riduttivo, bensì soggetto aggregante che unisce e non esclude, che includa e valorizzi: questo il senso della nascita dello SPIR guidato da Antonino Alletto e del SdP guidato da Michelangelo Starita e Annibale Falco, attraverso la cultura confederale che è insito nella sigla a cui il S.I.A.P. da sempre si ispira.
A questo proposito non intendiamo aprire alcuna polemica con chicchessia e certamente non ci lasceremo trascinare in altrettanti strumentali battibecchi, utili per alcuni, che hanno il solo scopo di nascondere sotto il tappeto i propri macroscopici errori di valutazione, dal nostro punto di vista; ci limiteremo pertanto ad esternare una considerazione, ovvero, l'esclusività o il preteso monopolio delle associazioni che hanno natura sociale e politica hanno sempre portato a dittature di vario tipo, noi crediamo che questo sia totalmente antitetico con il mondo confederale che Uil esprime, il cui simbolismo storico in cui è stata eretta e di cui è permeata la sede di via Lucullo non lasciano alcun dubbio ad interpretazioni diverse. Le corporazioni monocolore non esistono più, da quando è caduto il regime fascista, se poi dovesse accadere qualcosa di diverso ognuno dovrà assumersi le rispettive responsabilità, delle quali prenderemo atto per agire di conseguenza.
Per quello che ci riguarda, senza falsa modestia, noi continueremo ad esistere e a crescere tutelando gli interessi dei poliziotti, altri non lo sappiamo, potranno in qualche modo consolarsi accreditandosi il presunto monopolio, sempre che questo gli venga concesso, ma su questa possibilità nutriamo forti, razionali e fondati dubbi. Allora non potranno che rassegnarsi e tornare a dimenarsi per la sopravvivenza con la costruzione di federazioni spurie, dettate non da nobili esigenze politiche progettuali e unitarie ma per la mera sopravvivenza, per la rappresentatività, cercando, nel frattempo, un nuovo avversario da combattere - oggi il S.I.A.P. domani chissà quale altro – tutto ciò frutto di una contorta cultura del primato di una organizzazione sindacale su tutte le altre, idea che continua a permeare quadri sindacali che hanno militato e militano in quello che fu il sindacato unitario, favorendo di fatto processi di degenerazione del movimento sindacale della Polizia di Stato.
Ma noi, cari amici e colleghi saremo ancora qui, abbiamo attraversato tante tempeste nel corso degli anni, il nostro corpo è pieno di cicatrici, amarezze e delusioni, ma le esperienze maturate ci hanno fortificato, siamo più forti e robusti che prima, perché proprio nei momenti di maggiore difficoltà, abbiamo avuto l’imprescindibile e decisivo sostegno dalla nostra base. Perché gli uomini e le donne che guidano il S.I.A.P. non hanno mai tradito o abbandonato un amico in difficoltà e a loro volta sono stati ricambiati; questo, per chi lo ha drammaticamente ignorato, si chiama vincolo di solidarietà umana e politica ed è il collante del nostro sindacato.
E sia chiaro una volta per tutte, Noi non abbiamo cercato e non cercheremo nessuno, quando la casa madre deciderà saremo pronti, come abbiamo sempre fatto, nella nostra assoluta autonomia e con la nostra indubbia dignità, in ossequio al deliberato di un importante Comitato Centrale UIL, celebrato in Umbria e durante il quale si deliberò, la libertà di linea delle categorie.
Questa è la nostra idea di sindacato ed è su questo che ci confronteremo e per il quale, ogni giorno, ci battiamo.

Il Segretario Generale
Giuseppe TIANI