LE RESISTENZE AL CAMBIAMENTO  E LA SUA INELUTTABILITA\'

LE RESISTENZE AL CAMBIAMENTO E LA SUA INELUTTABILITA'

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sono condivisibili: sulla sicurezza occorre ricominciare.


Mantenere lo status quo di là di tutto, prescindendo dalla grave crisi economica e morale, o dalle severe politiche di bilancio imposte dall’Europa, così come dalle condizioni economiche e sociali di un paese, al di là di un mondo che cambia anche senza volerlo, lo ritengo inutile e spesso dannoso. Ci sono momenti in cui occorre comprendere che, in fin dei conti, opporsi e dire sempre no, può andare contro gli interessi che si vogliono tutelare, perché? semplicemente perché il mondo del nostro tempo, cambia velocemente e quindi non si può continuare ad usare la pietra focaia e rifiutare l’accendino senza una valida ragione!
Un sindacato degno di questo nome, non può e non deve mai perdere di vista gli interessi generali dei lavoratori che rappresenta, non può consentire che le scelte e le strategie adottate creino la condizione per un deficit di tutela. Così come non può consentire di sacrificare i pilastri delle conquiste sindacali, su cui affondano le radici, quelli che comunemente chiamiamo diritti acquisiti; nè può consentire anacronistici passi indietro in nome della crisi, solo per favorire partiti considerati amici o vicini come accaduto nel recente passato proprio a qualche sindacatuccio della polizia e non solo.
Il Sindacato può, anzi, deve, consentire il cambiamento e partecipare alla riorganizzazione del mondo del lavoro della sicurezza diventato, per certi versi, caotico e barocco, considerato quello che accade nei Comparti della Sicurezza e della Difesa. Ecco questa è la ragione fondante grazie alla quale, abbiamo ottenuto l'approvazione dal Parlamento della norma sul riordino. Il riordino delle carriere significa nuovo ordine, proprio rispetto a quella confusione espansiva la quale rischia di diventare sovrana in uffici che svolgono compiti e funzioni delicatissime. Va considerato che i temi e le materie di cui si discuterà, sono oggetto di tutele sindacali come: carriere, retribuzioni, pensioni del personale e “regole d’ingaggio”, argomenti che incidono direttamente sulla qualità delle funzioni e dell’efficacia dei servizi di polizia.
Dispiace molto dover dire chiaramente agli amici della difesa, che mantenere uno status quo a tutti costi, non rende merito ai grandi sacrifici fatti in questi anni difficili da molti uomini e donne del comparto sicurezza. Resistere per partito preso ai tempi che cambiano, non serve, è improduttivo; non partecipare attivamente al processo riformista e con il ruolo che ci compete, sarebbe una grave occasione perduta di cui potremmo pentirci amaramente in futuro. Il SIAP non intende essere un sindacato amorfo né anacronistico come altri sindacati che, ormai, sono fuori la storia, implosi per le loro contraddizioni e per la loro chiusura, arroccati in posizioni fuori tempo nell’incapacità di comprendere il cambiamento. Noi abbiamo scelto di partecipare, favorendo il cambiamento e condizionarlo, nei limiti di quello che ci è consentito; dunque, il riordino che vogliamo significa, almeno per quel che ci riguarda, essere parte attiva del governo del progressismo e non subirlo passivamente. Non possiamo più procrastinare la messa a regime di un sistema che fa acqua da tutte le parti, non possiamo più fare a meno di rinforzare le posizioni della base e nello stesso tempo, valorizzare le originali funzioni degli ispettori, non possiamo non riformare il ruolo della dirigenza e finalmente dotarla di un contratto, non possiamo più fare a meno di razionalizzare un sistema diventato del tutto irrazionale e con evidenti profili d’inefficienza, questo va contro gli interessi di chi lavora.
Allora se le cose stanno così, non si può far finta di non vedere che ci sono 44.000 Assistenti Capo che non possono progredire in carriera o hanno enormi difficoltà nel farlo considerate le anacronistiche regole che disciplinano la materia, oltre i farneticanti veti sindacali incrociati di cui sono stati vittime nel corso del tempo. Non possiamo far finta di mantenere in piedi presidi di polizia vuoti, dimenticando che al cittadino va garantito un servizio efficiente e concreto, diversamente le accuse di burocratizzazione del lavoro del poliziotto ci stanno tutte!
Queste sono le ragioni, semplici chiare e nette, della nostra partecipazione attiva ai lavori dei tavoli di confronto, per una polizia moderna ed efficiente, per poliziotti molto professionali ben equipaggiati e retribuiti, in un Paese che tenta di risorgere da una crisi che ha trasformato tutto e dove tutto non sarà più come prima.
Giuseppe TIANI
 

di seguito, negli allegati, l'editoriale e l'inchiesta pubblicata su L'Espresso