SIAPINFORM@05 CHI DI TROPPO SOCIAL FERISCE ...

SIAPINFORM@05 CHI DI TROPPO SOCIAL FERISCE ...

 in assenza della quale si ha l’idea, che nessuno abbia più la dignità che l’esistenza umana deve avere, così siamo giunti al punto che se non vive il mondo virtuale dei social network, non si esiste né in rapporto a se stessi, né per gli altri. Poi ovviamente, arriva il momento in cui si pagano le conseguenze dell’abuso patologico e inopportuno delle nuove forme di comunicazione, il boomerang è inevitabile. Soprattutto quando a esternare pensieri e commenti su fatti dolorosi e controversi come il G8, è un cittadino che svolge funzioni delicate come quelle affidate ai poliziotti. Così esternazioni in condivisibili, magari buttate lì sull’onda di un’emozione o di un ricordo personale, scatenano un putiferio, polemiche a non finire, reazioni a catena che travolgono e “uccidono” moralmente e professionalmente una persona e, nel nostro caso maciullano un’intera categoria, con minacce, urla, recriminazioni, procedimenti disciplinari, accuse di ogni genere. La superficialità di alcuni crea un caso nazionale e ancora una volta, tutti i poliziotti sono catalogati tra i cattivi, vanificando in attimo il lungo lavoro svolto per cercare di recuperare – ancora una volta e con fatica – il rapporto di fiducia che deve intercorrere tra l’istituzione Polizia i poliziotti e il Paese, tra uniforme e tuta da lavoro, tra poliziotto e cittadino. Perché il caso Tortosa ha offerto il fianco a tutti coloro i quali militano nel partito dell’anti polizia, che ha riconsentito loro di additare ancora una volta il poliziotto come nemico. Perché è facile e semplicistico, confondere e identificare artatamente le sciocchezze affermate da un singolo o da un gruppetto, con tutta la categoria; perché così è sin troppo comodo trovare un alibi, all’astiosità mal repressa di una piccola parte dell’opinione pubblica che, ancora si ostina a non voler riconoscere e prendere atto dei passi fatti, verso e nella democrazia che la Polizia e i poliziotti hanno fatto negli ultimi trent’anni. Perché è vero che siamo servitori dello Stato, ma siamo anche cittadini di questo Paese che soffre e patisce per una ripresa economica e civile che tarda ad arrivare, ma soprattutto un paese che ha smarrito la dimensione morale della vita pubblica. Noi ce la stiamo mettendo tutta e vorremmo fosse fatto altrettanto, dai soliti ben pensanti. Al nostro impegno vorremmo corrispondesse il riconoscimento per la nostra professione che, con frequenza è dimenticata, nonostante garantisce quotidianamente a tutti la Sicurezza nella e per la Democrazia.

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