Ordine Pubblico: il testo dell\'audizione del SIAP e ANFP presso la I^ Commissione Affari Costituzionali

Ordine Pubblico: il testo dell'audizione del SIAP e ANFP presso la I^ Commissione Affari Costituzionali

Roma, 6 Dicembre 2012

... allegata, nella quale è specificata la nostra posizione relativamente ai recenti fenomeni di protesta organizzata in forma violenta in occasione di manifestazioni pubbliche e sulle possibili misure di prevenzione e di contrasto dei medesimi fenomeni.


LA DEGENERAZIONE DELLE MANIFESTAZIONI PUBBLICHE DI PROTESTA IN FORME VIOLENTE POSSIBILI MISURE DI PREVENZIONE E CONTRASTO

  • LA CRITICITA’

Sono sotto gli occhi di tutti le sempre più frequenti degenerazioni delle manifestazioni di protesta, innumerevoli le scene di violenza che turbano l’ordine e la sicurezza pubblica in forma assai grave ed in ogni parte d’Italia, spesso con azioni di vera e propria guerriglia urbana, da cui emerge che, il rapporto di forza tra i cosiddetti “antagonisti violenti” e le Forze dell’Ordine sta mutando decisamente a sfavore di questi ultimi. La valenza del confronto, ormai sempre più frequentemente, tende ad attestarsi sul rapporto di 1a1: vale a dire 10 operatori di polizia possono fare fronte solo a 10 manifestanti, che si approcciano e cercano lo scontro con le forze di polizia, equipaggiati con protezioni al corpo ed al capo a mezzo di caschi da motociclista, maschere antigas, armati con bastoni, spranghe, bombe molotov, fionde, fumogeni, grossi petardi, bombe carta arricchite con schegge metalliche e tondini, ecc.

La situazione è quindi critica soprattutto per i Reparti Mobili della Polizia di Stato e gli equivalenti reparti dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza che con gli attuali organici, in costante diminuzione da anni, per i tagli alla sicurezza, e con un ridotto equipaggiamento a disposizione degli uffici territoriali, gli uomini sono al limite delle loro prestazioni. Ciò è dimostrato dall’elevato e progressivo incremento del numero di operatori feriti più o meno gravemente, dal danneggiamento degli automezzi in dotazione, dalle “ritirate strategiche” di intere squadre di fronte all’incalzare dei manifestanti.

Il Paese ha bisogno di Reparti “antisommossa” con una maggiore forza organica a disposizione, tale da poter essere utilizzata in modo proporzionale alla gravità e alle violenze messe in atto dai professionisti del disordine contro i poliziotti e le Istituzioni democratiche. La scarsa forza deterrente è un punto debole per i facinorosi che cercano lo scontro fisico approfittando, nel corpo a corpo, del vantaggio numerico e, nella distanza, della capacità di poter colpire le Forze di Polizia lanciando a mano o con fionde ogni tipo di oggetto atto ad offendere.

Le unità antisommossa d’oltralpe, specie quelle francesi, hanno posto una particolare attenzione all’incremento della loro potenza difensiva ed ai criteri di progressività e di selettività nell’applicarla. Esse hanno gli strumenti per evitare gli scontri ravvicinati e la possibilità di intervenire a distanza con dispositivi non letali, che colpiscono in maniera selettiva coloro che attentano gravemente alla incolumità delle persone durante le manifestazioni.

Le problematiche evidenziate dai Reparti “antisommossa” italiani, di cui è emblematica la vicenda dei 200 operatori feriti in un solo giorno di scontri con i manifestanti No-Tav in Val di Susa il 3 luglio del 2011, dovrebbero ormai imporre soluzioni non più rinviabili.

Il Paese ha la necessità di avere in tempi brevi la possibilità che, i Reparti preposti al mantenimento dell’Ordine Pubblico siano modernizzati per essere realmente efficaci quando sono impiegati; altrimenti saranno i fatti, spesso densi di sofferenze, a determinare in un futuro sempre più prossimo un cambiamento patologico.

Non va sottaciuto come nelle manifestazioni di piazza ormai si impongono quali attori dell’antagonismo persone spregiudicate, che mostrano di possedere un inquietante “know how” nell’organizzare forme di contestazione sofisticate, con tattiche di guerriglia basate su “parole d’ordine” diffuse tramite il web, i social network o attraverso la rete satellitare dei telefoni mobili.

Non è più possibile, quindi, affidarsi per disperdere la folla violenta ed ostile a cariche di alleggerimento ed all’uso dei lacrimogeni, sparati con i lanciagranate da 40 mm, che vengono puntualmente rilanciati dai contro gli agenti come boomerang dai professionisti della guerriglia, tanto che proprio le Forze dell’Ordine finiscono per subirne gli effetti.

  • COMPORTAMENTI DEGLI OPERATORI DI POLIZIA

Le condizioni di pericolo, la consapevolezza di non poter controllare gli eventi connessa alla scarsità dei mezzi e delle Forze impiegate nelle manifestazioni, sono fattori stressanti che negli scontri e nelle azioni di dispersione della folla violenta possono generare in alcuni operatori delle Forze dell’Ordine, comportamenti che oltrepassano i confini dell’etica professionale rispetto alla funzione istituzionale, per reazione alle violenze subite.

Gli studi condotti sullo stress da ordine pubblico concludono che quanto meno un evento è controllabile tanto più verrà vissuto come stressante nelle reazioni emotivo comportamentali.

I professionisti del disordine conoscono bene questo meccanismo psicologico tanto che le loro provocazioni sono tese ad indurre negli operatori comportamenti errati per filmarli e strumentalizzarli nei social network, ponendo in essere una evidente manipolazione anche dei media, con il chiaro fine di cercare sia il consenso alle proprie tesi e azioni, sia nuovi soggetti disposti ad esercitare la violenza nelle manifestazioni.

Il modo per prevenire i comportamenti errati di alcuni agenti non può certamente essere il codice identificativo, bensì vanno create le condizioni, attraverso strumenti tecnologici e normativi, in cui l’agente impiegato in ordine pubblico, si senta tutelato in un contesto di legalità e non di scontro fisico con i violenti.

A tale scopo servono strumenti idonei di difesa che evitino il più possibile il contatto fisico tra Forze dell’ordine e violenti, supportati da una tecnologia che consenta di filmare gli eventi ed identificare i responsabili delle violenze, norme che consentano l’arresto differito dei teppisti ed eventualmente il divieto limitato nel tempo di partecipare a manifestazioni pubbliche per tutti coloro che hanno commesso gravi violenze durante manifestazioni pubbliche, nonché norme che favoriscano la collaborazione degli organizzatori e promotori delle manifestazioni alla sicurezza delle stesse con servizi d’ordine propri mutuando la figura dello steward adottato negli stadi.

  • AMMODERNAMENTO DELL’EQUIPAGGIAMENTO E DEGLI STRUMENTI DI DIFESA

I più recenti avvenimenti nel nostro Paese ci dimostrano che non è più possibile affidarsi all’efficacia dei lacrimogeni, sparati con i lanciagranate da 40 mm, che si sono rilevati inefficienti e che vengono rilanciati come boomerang dai professionisti della guerriglia, tanto che proprio le Forze dell’ordine finiscono per subirne gli effetti. È poi necessario dotare le nostre unità di strumenti di difesa dal lancio di petardi e di altri prodotti progettati per esplodere a terra, che, nella colpevole tolleranza di tutti i soggetti interessati, continuano ad essere immessi sul mercato. Di fronte all’onda d’urto dei manifestanti e alle armi generalmente utilizzate, gli strumenti di difesa, a cominciare dagli sfollagente di gomma, si rivelano inadatti a sortire effetti deterrenti e inadeguati a proteggere il personale dai colpi di bastone o di spranga. La cosiddetta “carica di alleggerimento”, da sola, non è più sufficiente a disperdere i manifestanti in occasione di determinati comportamenti violenti. Sarebbero opportuni scudi realizzati con materiali più moderni e leggeri, ma al tempo stesso più resistenti, quali il Dyneema ed il Kevlar (lo stesso materiale dei caschi da motociclista); moderni erogatori individuali di Oleoresin Capsicum a getto balistico, che consentono di rendere inoffensiva una o più persone contemporaneamente, anche da 5-7 metri di distanza (peraltro di libera vendita, nonostante le perplessità a suo tempo esposte anche dalle nostre Associazioni), di peso e costo contenuto, che potrebbero consentire di fronteggiare molte situazioni di ordine pubblico limitando il contatto fisico tra polizia e dimostranti; strumenti di difesa passiva con uniformi ed accessori paracolpi adeguatamente strutturati per la protezione degli operatori e per la sicurezza dei servizi; fondine interne per la custodia della pistola, che sarebbero un accorgimento che potrebbe garantire maggiore sicurezza all’operatore e preservarlo da tentativi di sottrazione dell’arma; fucili “marcatori”, armi ad aria compressa che sparano sfere di plastica contenenti vernice colorata, con cui è possibile individuare ed identificare, anche dopo che è cessata l’emergenza, i soggetti più facinorosi e pericolosi. Andrebbe studiato l’impiego di proiettili di gomma, che, se di tipo adeguato e usati da personale rigorosamente addestrato, sono innocui, ma di grande efficacia contro i violenti (da diversi anni sono del resto in commercio munizioni calibro 12 con proiettili in gomma “a soffietto”, che al momento dell’impatto si allargano fino a raggiungere un diametro di diversi centimetri); microtelecamere per documentare interventi di ordine pubblico o altre azioni particolarmente sensibili ed a rischio, al fine sia di evitare riprese parziali o mistificatorie sia di predisporre prove inconfutabili per l’Autorità Giudiziaria. Vanno infine sviluppate tecnologie che, nelle fasi più concitate, siano in grado di garantire continuità e qualità delle comunicazioni radio, oggi affidate a vecchie radio portatili, ingombranti, pesanti e di ostacolo alla mobilità di chi deve intervenire nei momenti di scontro. Il Governo non può più procrastinare l’investimento in tema di ordine pubblico, i veri e profondi malesseri stanno saturando la società italiana e basta poco per farli esplodere in tutta la loro virulenza. L’ordine pubblico va messo in sicurezza prevedendo ogni particolare, perché ciò che è imprevedibile è la scintilla, non il contesto in cui maturano le tensioni.

  • LA MEDIATIZZAZIONE DELLA PROTESTA

Gli studiosi ricordano che non esiste discorso ne avvenimento che non debba sottoporsi alla prova della selezione giornalistica, cioè quella censura che i giornalisti esercitano, senza neppure saperlo, prendendo in considerazione solo quello che è capace di interessarli, di colpire la loro attenzione.

Il fenomeno si amplia con la concorrenza tra le televisioni e i gruppi editoriali della carta stampata, sempre alla ricerca del sensazionalismo: in questo modo, il mondo mediatico effettua un vero e proprio lavoro di costruzione, fabbricando sul momento una rappresentazione sociale, che anche quando, successivamente, si rivela scostata dalla realtà perdura, malgrado le smentite e le rettifiche successive, in quanto la prima interpretazione non fa che rafforzare le interpretazioni spontanee, mobilita i pregiudizi e tende ad ingrandirli. Gli studiosi, inoltre, hanno ben evidenziato che in tema di criminalità il rapporto tra poliziotti e giornalisti è di connivenza essendo gli uni ausiliari degli altri, mentre nelle manifestazioni quegli stessi attori diventano concorrenti.

I poliziotti vedono la loro immagine demolita dai media perché i giornalisti ricercano sistematicamente gli errori della polizia, il gesto violento, condannando il poliziotto in un ruolo di oppressore. Al riguardo, per tutelare l’immagine delle forze di polizia, il Comitato dei Ministri del Consiglio Europeo nel 2001 con la raccomandazione n. 10 del 2001 al punto 19, ha previsto che siano istituiti orientamenti professionali per i contatti con i media, in quanto se la richiesta di informazione ha sempre rappresentato per le forze di polizia un aspetto basilare del loro lavoro, una loro corretta gestione riveste, soprattutto oggi, un’importanza fondamentale per tutti. E’ quindi evidente che la polizia vada aiutata a migliorare le questioni dell’informazione in tema di ordine pubblico, un terreno sul quale non sono in gioco solo le libertà personali, ma anche i diritti di partecipazione politica, cioè l’essenza stessa del sistema democratico, dotandola di strumenti tecnologici che permettano di mostrare all’opinione pubblica verità sugli eventi in caso di episodi violenti.

Roma, 6 Dicembre 2012