REATO DI TORTURA: IL SIAP ANFP AL SENATO

REATO DI TORTURA: IL SIAP ANFP AL SENATO

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Si tratta dei primi incontri fissati a seguito dell’invio di un’articolata nota di commento in relazione al nuovo testo dell’art. 613 bis, di cui all’Atto Camera 2168, contenente la previsione del nuovo reato di “Tortura”.
Già con nota del 18 giugno 2014, SIAP ed ANFP si erano rivolti alla Presidente della Commissione Giustizia, On.le Donatella FERRANTI, con l’obiettivo di suggerire una serie di modifiche ritenute migliorative del testo e, in particolare, la previsione di un reato comune, anziché di un reato proprio solo per i pubblici ufficiali, a dolo intenzionale (non specifico), illustrando il contenuto del testo nel corso di un’audizione presso la citata Commissione.
Parte delle proposte sono state accolte, ma il testo attualmente licenziato dalla Camera appare per molti versi comunque insoddisfacente e confuso, atteso il tentativo di coniugare un reato comune con la previsione del dolo rimasto specifico, oltre che in considerazione della notevole indeterminatezza della fattispecie.
Riteniamo che il testo proposto sia, peraltro, tale da aprire la strada ad un contenzioso che, benché ingiustificato, esporrebbe in ogni caso i nostri operatori al rischio di denunce pretestuose e strumentali, oltre che a dubbi ed incertezze sicuramente controproducenti nello svolgimento delle numerose attività di competenza.
Non abbiamo mai assunto posizioni aprioristiche, ispirate da pregiudizi ideologici e corporativismi, ma riteniamo che la norma in fase di introduzione debba possedere la determinatezza necessaria a garantirne un’omogenea applicazione, evitando un’eccessiva discrezionalità da parte dell’interprete, oltre che difficoltà applicative e scongiurando un ingiustificato e pericoloso indebolimento degli strumenti che la legge mette a disposizione delle Forze di polizia per garantire l’ordine e la sicurezza pubblica.
Abbiamo, quindi, suggerito le seguenti modifiche ed integrazioni:
1) poiché nel testo passato all’esame del Senato non è più richiesta la molteplicità delle condotte, ma è sufficiente una singola violenza o minaccia perché si possa configurare il reato di tortura, ripristinare il requisito della gravità delle stesse. Infatti, se l’intenzione è quella di consentire la punibilità di condotte isolate, che quindi, benché non ripetute, siano tali da cagionare alla vittima dolore o sofferenze acute, ci sembra allora indispensabile mantenere l’attributo della “gravità” della violenza o della minaccia. Prevedere l’unicità della condotta, eliminando, al contempo, il riferimento alla gravità della stessa, appare invece fortemente distonico rispetto al risultato dell’azione, che è – appunto – quello di arrecare dolore o sofferenze, fisiche o psichiche, acute;
2) difformemente da quanto previsto dalla Convenzione Anti Tortura (CAT), nel Ddl si estende il concetto di tortura anche al caso in cui si arrechi, con violenza o minaccia, quindi con un atto singolo, un’acuta sofferenza fisica o psichica “per vincere una resistenza”, senza ulteriori precisazioni (ad es. il riferimento alla sola resistenza “legittima”).
Tuttavia, nel nostro ordinamento la resistenza a pubblico ufficiale è punita dall’art. 337 c.p. ed inoltre l’art. 53 c.p. (“Uso legittimo delle armi”), prevede espressamente la non punibilità del pubblico ufficiale che fa uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto, tra l’altro, proprio dalla necessità di “vincere una resistenza all’Autorità”, con le sole eccezioni previste dall’art. 393 bis c.p.
Per tali ragioni, è facilmente prevedibile che, se non dovesse essere rimossa la locuzione “vincere una resistenza” o, almeno, integrata nel senso da noi proposto (“vincere una resistenza legittima”), ci si avvierà verso una stagione di denunce strumentali da parte dei professionisti del disordine e dei loro maestri, che esporranno spesso gli operatori delle Forze di polizia al necessario avvio di indagini che, benché destinate a concludersi con richiesta di archiviazione, li costringeranno comunque – nelle more – a sopportarne costi e disagi.
Inoltre:
3) come avevamo già sottolineato in precedenza, il testo della disposizione in commento non precisa in alcun modo sulla base di quali parametri debba essere valutata l’intensità delle sofferenze fisiche o psichiche arrecate alla persona offesa, limitandosi a prevedere, in modo assai generico, quanto segue: “chiunque con violenza o minaccia … intenzionalmente cagiona ad una persona … acute sofferenze fisiche o psichiche”. Sarebbe, quindi, opportuno - per garantire una maggiore tipizzazione della nuova fattispecie incriminatrice - introdurre dei parametri di riferimento per l’interprete (avuto riguardo, ad es., all’età, al sesso, alle condizioni di salute, all’integrità psichica della vittima, alla durata del trattamento et sim.);
4) al fine di consentire una più agevole applicazione della norma anche a fronte di condotte maturate nell’ambito di rapporti interprivati (trattandosi, come si è detto, di un reato comune), poiché il testo attualmente in discussione fa riferimento solo ai concetti di “affidamento”, “autorità”, “vigilanza” e “custodia”, sarebbe preferibile aggiungere anche l’ipotesi della sottoposizione della vittima al mero “controllo” (si pensi ai casi di sequestro e tortura operata da terroristi, da gruppi criminali, da un solo individuo che sottoponga a sevizie la propria vittima et sim.);
5) infine, con l’obiettivo di rendere certamente punibili anche condotte di tipo omissivo (come la privazione del bere e del mangiare), pur ove maturate al di fuori di rapporti caratterizzati dalla sussistenza di ben precise posizioni di garanzia (già previsti dalla norma), sarebbe opportuno introdurre il termine “crudeltà”: “Chiunque con violenza o minaccia grave ovvero con violazione dei propri obblighi di protezione, di cura o di assistenza, o con crudeltà (…)”.
Nell’ottica costruttiva e propositiva che da sempre riteniamo ci caratterizzi, auspichiamo che le proposte formulate possano trovare favorevole accoglimento, nell’interesse della collettività e dei nostri operatori, chiamati a svolgere funzioni delicate e complesse, spesso in contesti operativi estremi, come dimostrato anche dai recenti fatti di cronaca.
Nell’occasione, è stato affrontato anche il tema relativo alle modalità di arruolamento del personale e, in particolare, all’opportunità di scorrimento degli idonei.

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