“L\'ANTITERRORISMO È AL LAVORO. SERVONO ANCORA 4MILA UOMINI E DONNE IN DIVISA"

“L'ANTITERRORISMO È AL LAVORO. SERVONO ANCORA 4MILA UOMINI E DONNE IN DIVISA"

 di seguito il testo integrale, consultabile anche direttamente dal sito di Intelligonews

Isis, Tiani (Siap): “L'Antiterrorismo è al lavoro. Servono ancora 4mila uomini e donne in divisa"
28 aprile 2015, Lucia Bigozzi


Isis, Tiani (Siap): “L'Antiterrorismo è al lavoro. Servono ancora 4mila uomini e donne in divisa' “Le nuove minacce dell’Isis, se verrà accertata la loro attendibilità, rappresentano un’evoluzione finalizzata alla strategia della tensione nell’opinione pubblica e tra gli apparati di sicurezza”. Giuseppe Tiani, segretario generale del sindacato di Polizia Siap, nella conversazione con Intelligonews legge i nuovi messaggi dei tagliagole postati sui Social da Roma, seguendo il fiuto dell’investigatore impegnato per tanti anni alla Digos.

Nuove minacce dell’Isis postate sui social direttamente da Roma. Quanto sono credibili?
«Il fondamento di credibilità di questo tipo di minacce presuppone comunque un attento monitoraggio al di là delle valutazioni che possono essere fatta e mi riferisco a valutazioni che possono tenere conto di gesti emulativi. E’ difficile dire oggi quanto siano credibili le minacce che tutti abbiamo visto sui social network, certo è che il livello di attenzione è massimo, sia sul piano preventivo e investigativo, sia sul versante delle azioni da mettere in campo nell’eventualità di azioni di repressione. Il problema esiste ed è presente in tutta Europa; abbiamo visto cosa è accaduto in Francia, ma i nostri Dipartimenti e Uffici, l’Antiterrorismo stanno lavorando con il massimo impegno e professionalità. Esattamente come abbiamo fatto in passato con il terrorismo interno, dalle Br alle cosiddette falangi nere: anche in quel caso gli opinionisti dicevano che non eravamo preparati, poi il fenomeno è stato sconfitto».

Che differenze ci sono, visto che comunque la matrice terroristica è la stessa?

«Il terrorismo interno che abbiamo conosciuto e sconfitto aveva un sottofondo ideologico che aveva come obiettivo la rivolta sociale; puntava ad ‘appropriarsi’ del cosiddetto ceto operaio, cosa poi fallita, nello scontro con lo Stato di cui i terroristi di allora non riconoscevano l’autorità. Nello schema del terrorismo interno c’era poi un gruppo politico e di vertice che gestiva gli attentati, stabilendo dove, come e quando colpire. Il terrorismo dei militanti Isis ha un valore diverso che provo a spiegare basandomi sulla mia esperienza professionale, avendo la lavorato per molti anni nella Digos».

Quale?

«Il primo elemento di valutazione è che c’è una ramificazione di tipo internazionale sul piano operativo, c’è un fondamento di tipo religioso nell’adesione al cosiddetto Stato Islamico e, dai primi elementi emersi finora dalle indagini, non esiste un centro di comando operativo, ma ci sono varie cellule eversive che aderiscono all’Isis e si possono costituire ovunque e in qualsiasi momento. Lo abbiamo visto in Francia e anche in altri Paesi occidentali: da questo punto di vista negli ultimi anni tutti i Paesi europei sono esposti ad attentati, fortunatamente un po’ meno in Italia».

Perché? Da cosa dipende?

«Spesso si parla solo di cose negative invece diciamo anche quelle positive: i servizi di intelligence, le forze di Polizia, i Carabinieri, tutti noi abbiamo fatto un buon lavoro, in un contesto particolarmente complesso, basti pensare al fenomeno emergenziale dell’immigrazione che l’Italia sta gestendo con grande difficoltà e praticamente da sola perché l’Europa pare sia sorda. Non solo, ma lo stesso fenomeno dell’immigrazione viene costantemente monitorato anche sul versante della sicurezza perché possono esserci alvei in cui determinate cellule terroristiche possono infilarsi per arrivare in Italia. Quindi il fatto che l’Italia non sia stata finora toccata - e speriamo continui così - dagli attentati tipo quelli accaduti a Parigi, significa e conferma che c’è un livello di attenzione altissimo con un’allerta massima. Va poi detto che in Italia c’è la sede del Vaticano, il Papa cioè il massimo rappresentante della religione cattolica e nella propaganda dei terroristi come abbiamo visto in alcuni siti internazionali, si tende anche a giocare su un valore simbolico come ad esempio dimostra la bandiera nera dell’Isis postata sulla cupola di San Pietro».

Appunto per questo: ci sono condizioni di sicurezza sufficienti per proteggere il Vaticano?

«L’Intelligence sta facendo un ottimo lavoro di monitoraggio, analisi e approfondimento che ha consentito di evitare il pericolo di attentati».

Sì ma dalle foto postate sui social c’è un passo in avanti: se prima c’erano quelle del mare rosso di sangue o quelle delle bandiere nere ricostruite al Pc sopra San Pietro, oggi ci sono foto postate davanti al Colosseo, al Vaticano, per le vie di Roma con tanto di cartelli “siamo qui”. Che significa?

«Dal mio punto di vista e faccio leva solo sulla mia esperienza professionale, leggo questi post come una strategia della tensione, elemento nuovo rispetto a quanto finora conosciuto: i terroristi dell’Isis scrivono o dicono ‘siamo qui, tra di voi’. E’ un tentativo per creare il panico nell’opinione pubblica e tra gli addetti ai lavori, negli apparati di sicurezza, ma potrebbe anche essere un’azione di depistaggio o ancora il gesto di un pazzo; nessuna ipotesi è da escludere a priori. Per questo serve un monitoraggio costante ed è quello che si sta facendo ai massimi livelli, operativi e professionali, attraverso un’attività di prevenzione e osservazione nei punti nevralgici e nei cosiddetti obiettivi sensibili».

Sì ma il punto è che operate con poche risorse e pochi uomini; la coperta è sempre più corta?

«La coperta corta ce l’abbiamo dai famosi tagli lineari del governo Berlusconi durante il quale abbiamo subìto anche un cambio di politica, nel senso che si è concentrata parte della sicurezza su privati o messo in campo i militari per la vigilanza statica. C’è anche da dire che la coperta è corta perché siamo in una fase particolare che impegna le forze di Polizia su più fronti: dall’immigrazione, al controllo del territorio, al fenomeno degli stadi violenti. Ma il fatto che le risorse in questa fase sia razionalizzate, non vuol dire che gli Uffici investigativi, l’Ufficio di Prevenzione Generale, il controllo del territorio non svolgano appieno i loro compiti, che anzi, sono stati potenziati. Io non sono un sindacalista che grida ‘al lupo, al lupo’; siamo tutti in campo sia sul versante della vigilanza dei siti sensibili che non sono solo quelli istituzionali, sia sul versante dell’attività di intelligence. Va inoltre riconosciuto a questo governo – e lo dico prendendone semplicemente atto – che per la prima volta c’è stato un cambio di rotta nella gestione delle risorse con la legge di stabilità 2014. Adesso stiamo portando avanti una battaglia per l’assunzione straordinaria di 4mila uomini e spero che il governo e il ministro Alfano rispettino l’impegno che si sono assunti, considerato proprio il momento particolare che stiamo vivendo e la concomitanza di eventi straordinari e internazionali quali l’Expo e il Giubileo».

A proposito di Expo e Giubileo: quanto è reale il rischio che l’Isis colpisca?

«Sono i rischi che esistono in tutte le manifestazioni internazionali rispetto alle quali tutti gli apparati di sicurezza, americani, francesi, inglesi, spagnoli, mettono in campo strategie operative per aumentare i livelli di prevenzione. Expo poi durerà sei mesi e quindi c’è bisogno di un piano dispiegato nel tempo, e a seguire ci sarà il Giubileo. Per questo al governo chiediamo un ulteriore sforzo: abbiamo bisogno di più uomini e donne in divisa».