VIII CONGRESSO PROVINCIALE SIAP  CATANIA

VIII CONGRESSO PROVINCIALE SIAP CATANIA

- 28 maggio 2016 - ore 09,00 sala Apollo - Hotel Nettuno viale Ruggero Di Lauria 121 Catania

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VERSO IL CONGRESSO SIAP
Sicurezza e certezza della pena
"Riconoscere ruolo ai sindacati"

Intervista al segretario provinciale Tommaso Vendemmia

CATANIA - E' tempo di bilancio per il Siap di Catania. Il sindacato di polizia dedica il suo VIII congresso provinciale all'importante tema della sicurezza e gli effetti delle riforme negli assetti territoriali. Sabato 28 maggio, a partire dalle 9 all'Hotel Nettuno i protagonisti del delicato sistema difesa e giustizia si confronteranno allo scopo di portare idee e proposte per rimodulare il comparto. Tra i relatori Nello Musumeci, Presidente della Commissione Antimafia all'Ars, Giuseppe Berretta, deputato e componente della Commissione Giustizia, Tommaso Tamburino, avvocato penalista di Catania, Salvatore Montemagno, Segretario Provinciale Associazione Nazionale Funzionari Polizia. Chiuderà i lavori il segretario nazionale Siap, Luigi Lombardo. Con Tommaso Vendemmia, segretario provinciale analizziamo i temi caldi del congresso. Con qualche anticipazione.

Segretario, la politica dei tagli lineari quali conseguenze sta comportando per il sistema sicurezza?

Il taglio lineare ha prodotto un indebolimento dell’apparato sicurezza che non ha tenuto conto delle specificità dei corpi di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato Polizia Penitenziaria e Corpo dei Vigili del Fuoco) mentre gli effetti su apparati militari non hanno tenuto conto di particolari indebolimenti strutturali. Per quanto riguarda il Dipartimento di Pubblica Sicurezza i tagli hanno diminuito le risorse su straordinari, missioni e indennità producendo gravi ripercussioni economiche sul personale che ha continuato ad aumentare la presenza con promesse di pagamento, mentre per la logistica e rifornimenti si è sfiorato il collasso, poche auto e risorse per le riparazioni, riduzione degli organici ( blocco del turn over) e blocco dei concorsi interni che hanno indebolito la formazione di agenti e ufficiali di P.G., con ripercussione nei servizi per il cittadino, evidente è il blocco degli investimenti per le strutture e gli uffici e a Catania ci sono vari esempi. Tutto questo si è formato e aggravato con la spending review e la riforma delle pensioni.

Quali sono i deficit maggiori del comparto?

Immigrazione e blocco delle carriere sono le principali deficienze che hanno effetti diretti sulle operatività e sono di forte impatto sociale, ma l’organizzazione complessiva del comparto, è determinata dalla fusione del sistema sicurezza interna del paese con le politiche di sicurezza e difesa della nazione. Due sistemi che non sono comuni che hanno diverse specificità. Gli effetti sono palesi poiché la richiesta di sicurezza è di tipo di prossimità/prevenzione e non di tipo presidiale come è l’apparato militare esistente. Quindi è indispensabile distinguere normativamente l’apparato militare da quello della sicurezza anche per quanto riguarda le funzioni e i contratti di lavoro, diversi tra loro.

Catania, quale situazione vive?

Questa città subisce retaggi di politiche vecchie e dispersive infatti la maggiore difficoltà resta il controllo del territorio che è ancora basato su commissariati di zona non adeguati all’espansione territoriale e criminale dei quartieri, aventi organici ridotti del 50% . Quindi l’unica risorsa immediata di sicurezza rimane affidata alle volanti che operano in tutta la città con oneri superiori e aumentati per effetto delle norme svuota carceri. L’atipica situazione strutturale frazionata ( 18 strutture ) incide fortemente sulla dispersione di uomini e mezzi che altrimenti sarebbero utilizzati per il controllo del territorio e il rinforzamento dei commissariati.

Il congresso del Siap ha uno scopo propositivo. Analizzate le criticità del sistema, lei quale proposta avanza?

Le proposte sono molte, ma per sintetizzare occorre rivedere il modello contrattale e di ingaggio delle forze di polizia ed eliminare questo famoso coordinamento sulla carta, tra polizia e carabinieri, dotando il sistema di un'unica forza di polizia o perlomeno di un unico comando. Per fare un esempio che spiega l’attuale sistema: se a Ramacca la stazione dei CC è carente di organico e l’Arma non può rinforzare, c’è l’impossibilità da parte dell’autorità di pubblica sicurezza di inviare personale di polizia e/o di istituire un posto di polizia poiché le risorse dei due corpi sono insufficienti, quindi ne fa le spese il cittadino ramacchese. Se il Questore come accade in servizio di Ordine pubblico avesse la facoltà di inviare poliziotti nelle caserme a rinforzo occorrente e disporne le operatività, la situazione potrebbe solo migliorare a beneficio del territorio. Oggi siamo pieni di confini e limitazioni cosa che i criminali non hanno e scelgono dove operare a secondo la debolezza del controllo del territorio.

C'è un'importante questione da affrontare: la certezza della pena. Quale è la posizione del sindacato?

Abbiamo due grandi questioni da porre: la prima è legata alla detenzione domiciliare che è aumentata negli ultimi anni lasciando l’onere di controllo e gestione alla polizia, quindi una dispersione di risorse e l’aumento delle pratiche amministrative, l’altra è legata alla frustrazione dell’operatore che vede vanificare il lavoro finale del “poliziotto”. La prima si deve affrontare lasciando l’onere di controllo domiciliare alla Polizia Penitenziaria, apparato specifico per il controllo dei detenuti e dotare le carceri o i Tribunali di apposite camere di Sicurezza, evitando l’onere alla Polizia di costituire questi apparati presso le questure ed evitare, alle auto della polizia passeggiate per accompagnare e vigilare il reo prima e dopo i processi di convalida. La seconda è legata agli effetti immediati sul reo e sulla vittima che nella maggior parte delle volte vede chi ha commesso il reato libero di gironzolare con effetti disastrosi sulla fiducia del cittadino verso la giustizia e nel reo la consapevolezza di un azione penale blanda che si spegne nel tempo. Per questi reati di allarme sociale si potrebbero commutare le pene in servizi sociali immediati e controllati da operatori del settore sociale o penitenziario o nel caso di valutare servizi di pulizia presso le caserme o autorimesse di polizia. La questione però va affrontata anche sulla disparità di trattamento tra detenuti, infatti chi è detenuto in carcere è seguito con programmi di recupero appositi, altri sono invece ricondotti nel contesto ove è maturato il disagio sociale e mai seguiti in programmi di recupero.

Sabato il confronto vedrà l'intervento anche di politici e avvocati. Serve maggiore dialogo tra i vari attori del sistema giustizia, secondo lei?

Serve che la politica si confronti con i protagonisti del settore e riconosca il ruolo dei sindacati quali portatori delle reali condizioni di lavoro, per meglio comprendere le esigenze di chi la sicurezza la deve produrre. I questori o i prefetti non hanno cognizione dei fabbisogni dei lavoratori del comparto, ne sentono le vittime dei reati, ne tantomeno i cittadini ma operano secondo i propri standard di esperienza. Il Sindacato di polizia non rivendica solo posizioni soggettive del lavoratore ma spesso è portatore delle istanze dei cittadini.

Infine, un messaggio al Questore Cardona.

Il Dott . Cardona ha senza dubbio portato a Catania una diversa interpretazione dell’operatività dei poliziotti, presenziando personalmente in ogni settore della sicurezza cittadina con impegno, spesso le intenzioni annunciate non sono seguite da fatti concreti. Come sindacato avremmo apprezzato più coinvolgimento e condivisione delle scelte che intaccano la vita lavorativa dei poliziotti e prendiamo atto delle decisioni assunte fino ad oggi con l’augurio di un intendimento diverso del ruolo del sindacato.